Sia chiaro: i consigli che il Segretario della Repubblica di Firenze dedicava al Principe in verità non sono a lui rivolti ma alla popolazione intiera del proprio regno. In poche parole si tratta di un vero e proprio machiavello col quale, fingendo di parlare al signore, si vuol dar l’avvisata ad ogni cittadino di come si articola e con quali trucchi si muove la macchina del potere.
1. Ecco il primo consiglio: «Durante le tue concioni ai sudditi, Signore, se ti serve, non ti far niuno scrupolo di mentire. Spudoratamente fallo! Ma quella menzogna, bada bene, bisogna che tu la vada ripetendo in tempo breve per due, tre, financo sette volte e più di modo che, al fine, nelli orecchi di chi ti ascolta il falso si sarà trasformato in una pura e inconfutabile verità.»
2. La seconda avvisata l’è questa: «Recorda che quei privati che per astuzia e appoggio della fortuna accumulata divengono prìncipi con scaltrezza e dinari, con poca fatica ci riescheno, ma appresso, di molte altre corruzioni debbon giovarsi per mantenerlo quel potere. Perché dentro lo tuo governo fazioni continue se formeranno fino a trascinare entro una immancabile rovina te e tutti i tuoi consoli e consolatori.»
3. Ecco il terzo suggerimento: «Assumi sempre nel tuo governo cortigiani scaltri d’ingegno e anco in truffalderia… Meglio se questi si trovano sotto scacco della legge così potrai proteggerli da ogni incriminazione, a costo di dover corrompere qualche giudice. In tal modo questi tuoi sodali ti saranno eternamente grati e alla tua più completa mercé. Ma quando le loro infamie, condotte a tuo vantaggio, saranno interamente scoperte dalla popolazione e dai giudici, presentati al popolo tutto colmo d’indignazione e subitamente liberati di quella malagente… gridando “Via i traditori!“, badando bene di non farti trarre nel baratro con loro.»
4. E il quarto consiglio recita: «Non farti mai cogliere nella condizione d’essere ricattato e ricattabile. Ma nell’attimo in cui un accusatore ti andasse trascinando con le sue testimonianze nel pubblico ludibrio, tu appronta subito la contromossa nella quale lo sparlatore verrà accusato di atti indegni tali da trascinarlo a sua volta nel fango più putrido… Non importa se poi appresso le tue accuse risulteranno false e artatamente concepite. Basta che tu, avanti a quelle calunnie le faccia pronunciare da un tuo tirapiedi ben conosciuto come fabbricante di infamie. E quel tuo servente nel processo verrà punito, tu ritenuto completamente innocente e la vittima galleggerà per lungo tempo in quella palude di infamità.»
5. Quinto ed ultimo consiglio: «Tieni a mente, Signore, che se una città e suo territorio tu giongi a conquistare, all’immediata tu debbi indagare de quello populo per conoscere de come ell’é stato governato innanzi che tu l’abbi ridotto in tua soggezione. Se scuopri che esso populo non sia uso a partecipare a governo del Comune in niuna forma e quindi nulla conosce dei suoi natural diritti del esser partecipe alla conduzione de esso governo, mantienlo come l’hai truovato. Non concedere a questi toi novi sudditi privilegio alcuno del qual non siano usi godere. Se tu gliene facessi dono essi non intenderebbero mai la ragione di cotesta tua magnanimità e cadrebbero in grave sospetto.
Ma se tu, dopo aver assoggettato una città con suo territorio, venissi a scoprire che quello populo che ci abita da sempre è stato uso a governarsi da se solo, con proprie leggi liberamente decretate e podestà e gestori di governo eletti coi rituali comuni alla democrazia, non soffermarti a volerla governare quella gente: prosegui lungi da quella popolazione imperocché altrimenti te ne verrebbe gran danno.
Se poi tu, al di fuor d’ogni ragione o consiglio, vorrai tener soggetta sotto dominio quella città e territorio, ti sarà soluzione unica che tu procuri di ruinare, di occidere dentro quelle mura ogni uomo e femmina… Occidi anco i figlioli loro senza arrestarti dinnanzi alle lacrime degli infanti, e occidi anche quelli ancor non nati, chiocciolati nello ventre de loro madri… poiché il sapore di libertà alberga già in quelle picciole menti da che han vita, e nascono con quella volontà d’esser liberi, fissata a tal punto che sempre, in ogni momento si getteranno in forsennati tumulti contro di te per rifarsela propria, quella libertà… ad ogni condizione».
Inteso, hai?
Niccolò Piero Machiavelli (1469 – 1527)