Il motivo per cui un cantante va a Sanremo è aumentare la propria Awareness, il “grado di riconoscibilità” che si misura calcolando la percentuale di persone che conosce chi sei e parla di te agli altri. Questo, a sua volta, nel mondo dello spettacolo si traduce nel valore commerciale di un personaggio pubblico.
Dunque, come sempre, basta che se ne parli. Non importa a nessuno se in positivo o negativo, tranne a quelli che vogliono costruirsi una buona reputazione (giovani artisti emergenti) o conservare la propria dignità (quelli che non vanno a Sanremo).
Quelli che ci vanno, invece, io li divido in tre categorie:
– Quelli che non ci riescono, che spariscono dopo il Festival e di cui nessuno oltre Wikipedia si ricorderà mai.
– Quelli che puntano tutto sulla loro musica: li riconoscete dal fatto che si presentano in modo elegante, umile e composto con capolavori che sono rimasti nella storia.
– Quelli che diventano famosi per essersi inventati qualsiasi cosa che non sia il talento: gossip, make-up, litigi, provocazioni, abiti, frasi infelici e altre buffonate.
Non sto giudicando, ognuno fa quel che può. Anzi, se l’obiettivo è aumentare la tua Awareness a tutti i costi, stai facendo la cosa giusta. Perché per far parlare di sé non serve ricevere solo complimenti o solo critiche, ma scatenare un dibattito in cui si scontrano chi ti difende e chi ti attacca: si ottiene unendo una provocazione che divide le opinioni della gente con la visibilità del Festival di Sanremo in prima serata su RaiUno. Se finisci nei trend di Twitter, ha funzionato.
Pochi nella storia sono riusciti a fare entrambe le cose, generalmente si sono fatti conoscere prima per il talento e poi per le provocazioni, e nessuno di loro è mai andato a Sanremo.